top of page

Italian Cheese Awards 2025 : Il Caseificio Mangiapane porta Cammarata sul podio dell’Italia del formaggio

Aggiornamento: 11 nov

caseificio mangiapane premiati

Una Sicilia che nutre: l’eccellenza silenziosa dei Monti Sicani

In un Paese come l’Italia, dove ogni angolo è custode di un’identità gastronomica, culturale e paesaggistica, esistono territori che restano fuori dai riflettori pur rappresentando l’essenza più autentica della nostra tradizione. È il caso di Cammarata, borgo montano incastonato nella fascia centro-occidentale della Sicilia, dove la montagna non è sfondo, ma protagonista. Un luogo dove la terra non è solo coltivata, ma rispettata. Dove le persone, anziché rincorrere modelli globalizzati, resistono – scegliendo la qualità, la lentezza e il legame con le proprie radici.

È proprio da uno di questi luoghi che arriva il Formaggio dell’Anno 2025.


italian cheese awards

Ma per capire perché un caciocavallo prodotto in contrada Casalicchio, da una piccola azienda a conduzione familiare, sia riuscito a sbaragliare oltre 1.400 concorrenti a un premio nazionale, bisogna raccontare molto di più che una semplice vittoria. Bisogna raccontare una filiera, una razza, un paesaggio, e soprattutto una scelta di vita.

Il riconoscimento ottenuto dal Caseificio Mangiapane non è soltanto un premio al gusto: è il risultato di una filosofia produttiva coerente, portata avanti con rigore e passione. Una filosofia che parte dalle vacche Modicane, una razza in via d’estinzione, e arriva alla forma perfetta di un caciocavallo che è espressione del territorio che lo ha generato.


liborio mangiapane

Ecco perché in questo articolo lungo vogliamo fare molto di più che raccontare un formaggio: vogliamo entrare dentro una Sicilia minore, ma non per valore – minore solo perché meno raccontata, meno pubblicizzata, ma straordinaria nella sua autenticità. E lo facciamo da dentro, con chi questo territorio lo vive, lo lavora, lo protegge.


Il riconoscimento ottenuto dal formaggio stagionato del caseificio Mangiapane ha portato l’attenzione nazionale su un prodotto che nasce in silenzio, lontano dai riflettori e dalle grandi produzioni industriali. Ma per chi conosce da vicino la realtà di Cammarata, questo risultato non è una sorpresa: è la naturale conseguenza di una cultura del lavoro basata sulla coerenza, sulla qualità e sul rispetto per l’ambiente.


vacche modicane cammarata

L’azienda Mangiapane non è una novità per chi segue l’evoluzione del comparto caseario siciliano. Già nel 2015 era stata premiata con il Best in Sicily come miglior produttore di formaggio. Dietro quei riconoscimenti, però, non ci sono strategie di marketing, ma decenni di lavoro nei campi, una gestione familiare che unisce tre generazioni, e una visione chiara: produrre un formaggio che non sia solo buono, ma che parli del territorio.

A rendere davvero speciale questo caciocavallo è il latte delle vacche Modicane, una razza che in Sicilia è sempre stata sinonimo di rusticità e adattamento, ma che oggi conta pochissimi esemplari. Liborio Mangiapane, insieme ai figli Domenico e Giuseppe, ha scelto di continuare ad allevare questa razza antica, nonostante la resa sia bassa rispetto alle razze da latte più produttive. Le Modicane producono poco, ma il loro latte è ricchissimo di sostanze nobili, proteine e aromi che cambiano in base alle stagioni, al foraggio, alla qualità dell’aria e dei pascoli.


Il caseificio sorge in contrada Casalicchio, a circa 800 metri di altitudine. Siamo nel cuore dei Monti Sicani, una zona ancora preservata, dove le vacche pascolano libere tra erbe spontanee, arbusti aromatici e pendenze naturali. Il regime è semi-brado: gli animali vivono all’aperto quasi tutto l’anno, con una stabulazione limitata solo ai periodi più rigidi o alla mungitura. Questo approccio non è solo etico, ma produce un latte che è espressione diretta dell’ecosistema.

Dal latte crudo, non pastorizzato, nasce un formaggio che non viene mai standardizzato: ogni forma è figlia del tempo in cui è stata prodotta. Nessun fermento industriale, nessun additivo: tutto dipende dalla fermentazione naturale, dalla temperatura dell’ambiente, dall’umidità, dall’esperienza del casaro. La filatura è manuale, la stagionatura lenta e curata ogni giorno.


Chi lo assaggia nota subito le differenze: la crosta dorata, la pasta compatta ma elastica, i profumi che richiamano la noce, il burro, le erbe secche, con una leggera nota animale che racconta l’origine selvaggia del latte. Con la maturazione, emergono sentori più intensi e stratificati, che restituiscono la ricchezza del pascolo cammaratese.

caseiificio mangiapane

Questo formaggio ha una forma particolare, parallelepipeda, tipica dei caciocavalli dei Monti Sicani. La sua realizzazione richiede abilità manuale e forza fisica. Dopo la filatura, la pasta viene chiusa a sfera, modellata su un piano in legno chiamato mastredda, e lasciata ad asciugare sotto pesi che servono a darle forma e compattezza. Per ottenere gli angoli perfetti e la giusta densità, il casaro deve girare la forma ogni mezz’ora, per diverse ore consecutive. È un lavoro che non ammette distrazioni: servono occhio, mano e memoria.

Ma il caseificio Mangiapane non si limita al solo caciocavallo stagionato. La produzione comprende anche provole fresche, tumazze, formaggi più giovani, tutti realizzati con lo stesso approccio artigianale. Ogni prodotto segue il ritmo della stagionalità: si lavora da novembre a maggio, quando l’erba è più tenera e carica di aromi, e si lascia riposare la produzione nei mesi più caldi.

Il prezzo di vendita – 25 euro al chilo per una forma di circa 10 chili – riflette il lavoro, la qualità del latte e la scarsità della produzione. Ma chi conosce il valore del formaggio artigianale e il significato di un’alimentazione sostenibile e trasparente sa bene che non si sta pagando solo un prodotto, ma un’intera filiera etica, dalla terra al banco di vendita.

Nel frattempo, il nome di Cammarata continua a farsi spazio tra gli intenditori. Questo piccolo centro agricolo della provincia di Agrigento, sospeso tra montagna e collina, ha tutte le caratteristiche per essere un modello di territorio virtuoso: biodiversità elevata, agricoltura pulita, allevamenti etici, una cucina povera ma profondamente identitaria, un clima ideale per produzioni artigianali.


Cammarata, dove la montagna nutre la terra e le persone


formaggi cammarata

Cammarata è uno di quei luoghi dove il paesaggio racconta da sé la storia di chi lo abita. Situato tra la provincia di Agrigento e il confine con quella di Palermo, si arrampica letteralmente sul versante orientale del Monte Cammarata, il massiccio più alto della catena dei Sicani, superando i 1.500 metri. È un territorio prevalentemente montano, con pendenze marcate e una vegetazione che varia bruscamente tra fondovalle e creste. Qui, ogni metro quadrato è stato strappato alla roccia con fatica e intelligenza, per farne pascolo, orto, uliveto o mandorleto.

La morfologia aspra di questo territorio ha imposto nei secoli un’economia agricola di sussistenza, ma anche un saper fare che si è raffinato con la necessità. Non esistono superfici inutilizzabili: ogni conca, ogni pendenza, ogni ciglio viene impiegato per qualcosa. Questo ha reso la campagna cammaratese ricca di biodiversità: piccole coltivazioni miste, muretti a secco, terrazzamenti, zone a pascolo e filari di alberi da frutto si alternano senza soluzione di continuità.


I pascoli che ospitano le vacche Modicane del caseificio Mangiapane, ad esempio, non sono monocolture erbacee: sono ecosistemi complessi, dove si trovano timo selvatico, santoreggia, finocchietto, camomilla di montagna, rosmarino, e decine di altre essenze spontanee. Questo patrimonio aromatico si trasferisce direttamente nel latte e dunque nei formaggi, rendendoli espressione diretta dell’ambiente in cui nascono.

La zona è da anni inserita all’interno del Parco dei Monti Sicani, un’area naturale protetta che tutela le risorse ambientali e culturali di questa porzione di Sicilia interna. Il parco, però, non è solo natura: è soprattutto comunità, agricoltori, allevatori, casari, apicoltori, panificatori, gente che continua a vivere il territorio con ritmi lenti e con una logica di filiera corta che, pur senza slogan, è autenticamente sostenibile.

Passeggiare per le vie antiche di Cammarata significa attraversare secoli di storia. Il centro abitato, aggrappato alla montagna come un presepe, conserva un impianto urbanistico medievale fatto di vicoli stretti, archi in pietra, cortili interni e scalinate che collegano le varie quote del borgo. Le case si stringono l’una all’altra come a proteggersi dal vento, e ogni piazzetta è un affaccio sulla vallata del Platani, che nei giorni limpidi si apre fino al mare.

Ma la bellezza del paesaggio cammaratese non è solo visiva: è una bellezza che si respira, fatta di odori, suoni e silenzi. I campanacci delle mandrie, il vento che attraversa i crinali, il profumo di pane cotto a legna, il fumo del mosto nelle cantine contadine in autunno. È una Sicilia intima, lontana dalle immagini da cartolina, ma che restituisce al visitatore una verità agricola e umana.


Dal punto di vista agricolo, la zona di Cammarata è conosciuta anche per la coltivazione di mandorle, grani antichi, olio extravergine d’oliva e legumi autoctoni. Il paesaggio agricolo è frammentato, fatto di appezzamenti piccoli e gestiti in maniera familiare. Non ci sono grandi estensioni, né colture intensive. Questo limita la resa, ma garantisce un’altissima qualità dei prodotti, che spesso vengono trasformati in loco: mandorle tostate, pane di tumminia, conserve di pomodoro, olio non filtrato, farine integrali macinate a pietra.

La cucina locale, neanche a dirlo, segue lo stesso schema: piatti semplici, ingredienti poveri, cotture lunghe e sapori profondi. Qui il caciocavallo non è un “prodotto gourmet”, ma un alimento quotidiano, presente sulla tavola delle famiglie, grattugiato sulla pasta o mangiato a fette con pane e olive. Stessa cosa per le tume, le provole, il pecorino fresco: tutto viene consumato con la logica del prodotto vivo, che cambia giorno dopo giorno, man mano che matura.

L’identità cammaratese è fatta di radicamento e resistenza. In un contesto in cui molti giovani scelgono di lasciare l’isola, chi resta spesso non lo fa per necessità, ma per scelta consapevole. È il caso di molti produttori agricoli che oggi stanno riportando in vita colture dimenticate, razze a rischio, antichi metodi di trasformazione. È una rivoluzione silenziosa, portata avanti da persone che hanno capito che l’unico futuro possibile passa dalla cura del territorio e dalla valorizzazione della sua unicità.


Se Cammarata è la montagna che si fa paese, San Giovanni Gemini è la pianura che guarda la vetta con rispetto. I due comuni, così vicini da confondersi, formano un tessuto urbano unico, senza soluzione di continuità. In molti, persino tra i siciliani, li considerano un solo centro abitato. E in parte è vero: storia, economia, cultura e quotidianità scorrono parallele, intrecciate da secoli.

Ma San Giovanni Gemini ha un’identità precisa, radicata nelle sue origini settecentesche. Nacque come feudo agricolo con gli Abatellis., sviluppatosi ai piedi di Cammarata lungo una fascia fertile, più pianeggiante, adatta alla coltivazione e agli insediamenti produttivi. Se Cammarata ha conservato un impianto medievale, San Giovanni Gemini ha invece una struttura più moderna, con strade più ampie, edifici del Settecento e Ottocento, e una vita commerciale molto attiva.

Oggi rappresenta il cuore economico e commerciale dell’area: ospita mercati, servizi, botteghe storiche e numerose attività legate all’agroalimentare. In particolare, la zona è nota per la produzione orticola, per l’allevamento, e per una vivace tradizione artigianale e gastronomica che si intreccia con quella cammaratese ma che presenta anche sfumature proprie.

Uno dei punti di forza del paese è il mercato settimanale, tra i più grandi e frequentati dell’entroterra siciliano. Qui si vendono prodotti freschissimi: formaggi locali, ortaggi, pane a lievitazione naturale, frutta di stagione, conserve e legumi secchi, quasi tutti coltivati o trasformati in loco. La varietà dell’offerta riflette la ricchezza agricola del territorio e la capacità di resistere con dignità e qualità all’omologazione della grande distribuzione.

Dal punto di vista culturale, San Giovanni Gemini ha sempre avuto un forte legame con le tradizioni religiose e popolari. La festa di Gesù Nazareno, è uno degli eventi più sentiti: coinvolge tutta la comunità con celebrazioni, processioni, e la costruzione del grande Carro Trionfale più grande di Sicilia che richiamano anche i paesi vicini. Ma sono numerose le ricorrenze che, durante l’anno, mantengono vivo un calendario estivo apprezzato da molti.

Non mancano esempi di agricoltura innovativa, biologica, rigenerativa. Alcuni giovani produttori, rientrati da esperienze in altre regioni d’Italia o all’estero, stanno investendo in aziende multifunzionali, che coniugano coltivazione, trasformazione e ospitalità rurale. Questo sta rafforzando l’attrattività turistica dell’area, portando anche visitatori a scoprire un territorio che non promette spettacolo, ma verità.

Proprio come Cammarata, anche San Giovanni Gemini soffre il fenomeno dello spopolamento come tutta la Sicilia, ma la risposta della comunità non è il lamento. È il lavoro costante e silenzioso, il recupero delle terre abbandonate, la riattivazione di vecchie masserie, la formazione di reti tra produttori, ristoratori e operatori turistici. Un tessuto che, seppur fragile, resiste con intelligenza e coraggio.

I due comuni, nel tempo, hanno imparato a collaborare. Le scuole, i servizi, i progetti culturali, i piani di sviluppo locale: tutto oggi viaggia su binari condivisi. È un esempio virtuoso di comunità estesa, che non si ferma ai confini amministrativi ma ragiona come un unico ecosistema economico, agricolo e sociale.


Ed è in questo contesto che prodotti come il Caciocavallo Stagionato di Mangiapane trovano senso e valore. Perché non sono solo eccellenze da premiare, ma espressioni vive di un territorio complesso, coeso, autentico.


cammarata monte

Stagioni lente, cicli antichi: il tempo nei Monti Sicani

Nei Monti Sicani il tempo non è una variabile astratta. È misura concreta delle attività, delle raccolte, delle nascite, delle attese. Qui la stagionalità non è una moda o una strategia di mercato: è una condizione naturale, non negoziabile. Le colture, gli animali, i pascoli, persino il lavoro delle persone seguono ancora il ritmo della terra.

Tra novembre e maggio prende vita il cuore pulsante dell’attività agricola e casearia. Le prime piogge autunnali rigenerano i pascoli secchi dell’estate, le erbe spontanee cominciano a ricrescere, i terreni tornano fertili. È in questo periodo che il latte prodotto dalle vacche Modicane diventa più ricco, più profumato, più adatto alla trasformazione. Nascono così i formaggi migliori: provole, tume fresche, caciotte e soprattutto caciocavalli stagionati.

In estate, invece, la produzione rallenta o si sospende del tutto. Il caldo torrido, la scarsità d’acqua e la qualità del foraggio calante rendono difficile mantenere gli stessi standard qualitativi. È una pausa fisiologica, utile a preservare gli animali, il territorio e la coerenza produttiva. I caseifici veri – quelli che rispettano il ciclo naturale – non forzano i tempi: producono meno, ma meglio.

Il periodo tardo autunnale e invernale è anche quello della raccolta delle olive, un momento cruciale per molte famiglie di Cammarata e San Giovanni Gemini. Gli oliveti qui sono spesso secolari, situati in appezzamenti misti con mandorli e alberi da frutto. Si raccoglie a mano, si trasporta il raccolto ai frantoi locali e si produce un olio extravergine di montagna, dal profilo erbaceo, piccante e persistente. Anche questo prodotto è strettamente legato alla stagionalità: nessun raccolto fuori tempo, nessuna forzatura.

Nel frattempo, i campi vengono preparati per la semina dei grani antichi, in particolare della timilia (o tumminia), della russello e del perciasacchi. Questi grani siciliani, ormai tornati in auge grazie alla riscoperta dei pani artigianali, si coltivano con metodi biologici o integrati, spesso senza uso di diserbanti chimici. Le piogge invernali garantiscono la crescita lenta, e la mietitura si farà in piena estate, tra giugno e luglio, quando il ciclo si sarà chiuso.


Durante i mesi più freddi, la vita dei produttori segue un andamento regolare ma intenso: si lavora nei laboratori, si curano le stagionature, si alimentano gli animali, si sistemano gli attrezzi. È anche il periodo in cui ci si dedica a trasformare il raccolto: conserve di pomodoro, marmellate di arance, sottoli, vino da tavola, olio da custodire nelle botti. Ogni casa contadina è anche una piccola impresa artigianale, dove nulla va sprecato e ogni cosa ha un tempo.

Infine, le stagioni in montagna sono anche feste religiose, rituali collettivi, momenti di comunità. L’inverno è segnato da celebrazioni come l’Immacolata, il Natale e il Capodanno, che da queste parti si vivono con forti connotazioni familiari e agricole. In molte famiglie si fanno ancora pane, dolci e formaggi in casa, seguendo ricette che si tramandano oralmente.

L’arrivo della primavera porta invece l’inizio delle fiere, delle feste patronali, dei mercatini all’aperto, dove i piccoli produttori vendono direttamente le loro eccellenze. In questi contesti, il caciocavallo stagionato ritorna protagonista, insieme al pane di grano duro, alle olive condite, al vino novello e alle verdure selvatiche raccolte nei boschi.


Turismo rurale nei Monti Sicani: esperienza, paesaggio e sapori veri



Chi arriva a Cammarata o San Giovanni Gemini non viene per farsi un selfie. Viene per ascoltare, per imparare, per toccare con mano un territorio ancora poco alterato dal turismo di massa. Non ci sono pacchetti all inclusive, non ci sono attrazioni artificiali. C’è la montagna vera, il lavoro dei contadini, il silenzio dei pascoli, la stagionalità che detta il ritmo delle giornate.

Negli ultimi anni, grazie anche al lavoro di alcuni imprenditori locali, si è sviluppata un’offerta turistica coerente con il territorio. Si tratta di agriturismi autentici, masserie ristrutturate, case di campagna trasformate in alloggi, dove il turista viene accolto non come cliente, ma come ospite.

In questi luoghi, il soggiorno non è mai solo pernottamento: è partecipazione attiva. Si può assistere alla mungitura, partecipare alla panificazione, raccogliere erbe spontanee, cucinare insieme ai padroni di casa. È un turismo fatto di esperienze vere, non costruite, dove ogni attività diventa un’occasione per entrare in contatto diretto con la cultura rurale.

Uno dei percorsi più richiesti è la visita ai caseifici artigianali. Alcuni, come quello dei Mangiapane, offrono l’opportunità di assistere a tutte le fasi della produzione: dalla mungitura delle vacche Modicane alla filatura della pasta, fino alla stagionatura nelle cantine naturali. Per chi non ha mai visto nascere un formaggio dal vivo, è un’esperienza memorabile, che unisce tecnica, gestualità, profumi e racconto.


Dopo la visita, si passa alla degustazione: si assaggiano i formaggi in diverse stagionature, accompagnati da pane locale, vino, olive, conserve. Non si tratta di “degustazioni da brochure”, ma di veri momenti conviviali, spesso fatti al tavolo con i produttori, che spiegano con passione cosa significa oggi fare formaggio in Sicilia, in montagna, con una razza quasi scomparsa.

Molto apprezzati anche i percorsi naturalistici nei Monti Sicani. Il Monte Cammarata, con i suoi oltre 1.500 metri, offre una rete di sentieri che attraversa boschi, praterie, zone rupestri e belvedere mozzafiato. Escursioni guidate, trekking, passeggiate a cavallo, percorsi botanici e forestali: tutto si svolge in pieno rispetto dell’ambiente e con l’accompagnamento di esperti locali. Non mancano i percorsi più semplici, adatti a famiglie e camminatori amatoriali, che consentono di vivere la montagna senza fretta, magari fermandosi per un pic-nic a base di prodotti locali.


Altra proposta sempre più richiesta è quella legata al ciclo del pane: diversi forni tradizionali aprono le porte ai visitatori per mostrare il processo completo di panificazione con grani antichi. Dalla molitura alla lievitazione, fino alla cottura nel forno a legna. Il tutto si conclude spesso con una merenda contadina a base di pane caldo, olio, pomodoro e caciocavallo.


Non mancano le attività pensate per i più piccoli: laboratori didattici, visite agli animali, percorsi sensoriali, raccolta di frutta e ortaggi, piccole semine nei campi. In questo modo, il territorio diventa anche educativo, capace di raccontare ai bambini (e ai genitori) da dove viene il cibo, cosa c’è dietro una fetta di formaggio o un cucchiaio di miele.


Un aspetto fondamentale di questo tipo di turismo è la relazione umana. I visitatori non si sentono “ospiti occasionali”, ma parte di una storia. Spesso ritornano, stabiliscono legami, diventano ambasciatori del territorio anche fuori dalla Sicilia. Alcuni decidono perfino di acquistare terreni, ristrutturare case, avviare progetti agricoli o turistici in loco.

Questo è il segreto di un turismo rurale vero: non vendere un’immagine, ma offrire una realtà. Far conoscere le persone, i luoghi, i sapori con sincerità, senza effetti speciali. E in questo, Cammarata e San Giovanni Gemini hanno un vantaggio enorme: non devono inventare nulla, perché tutto è già lì — basta viverlo.


Filiere corte: economia di prossimità, fiducia e qualità

Nel linguaggio del marketing alimentare, ormai la parola “filiera corta” è diventata un’etichetta onnipresente. Ma a Cammarata e San Giovanni Gemini non è una strategia da comunicare: è semplicemente il modo in cui le cose funzionano da sempre. Produttore, trasformazione, vendita e consumo avvengono spesso nel raggio di pochi chilometri, tra persone che si conoscono, che si incontrano, che condividono stagioni, clima, difficoltà e successi.


Quando si acquista un caciocavallo stagionato di Liborio Mangiapane, ad esempio, si acquista una forma di formaggio ma anche una relazione: con chi ha allevato le vacche, con chi ha pascolato, mungito, filato, stagionato. Non ci sono intermediari, non c’è anonimato. Il prodotto arriva dal produttore al consumatore senza passaggi inutili, e ogni euro speso resta sul territorio, alimentando un’economia che non dipende da grandi catene o da mercati speculativi.


Questo approccio ha effetti reali sull’intera comunità:

  • I piccoli produttori sopravvivono e crescono, perché non devono svendere a grandi distributori.

  • I consumatori sanno cosa mangiano, da dove viene e come è stato ottenuto.

  • La qualità aumenta, perché ogni passaggio è sotto controllo diretto.

  • L’ambiente è più tutelato, perché non serve produrre su larga scala, né trasportare per centinaia di chilometri.

  • La coesione sociale si rafforza, perché si crea fiducia, rispetto e senso di appartenenza.



mangiapane le vacche rosse
VISISTA IL SITO WEB


Questa economia di prossimità è il contrario della logica industriale. Non si basa sulla quantità, sulla standardizzazione, sul margine massimo, ma su relazioni stabili, scelte consapevoli e tempo ben investito. I produttori di formaggio, di pane, di olio, di ortaggi non lavorano per “il mercato”, ma per la propria comunità, per i clienti che vedono in faccia ogni settimana, per i ristoratori che servono prodotti locali con orgoglio.

Un esempio concreto: quando un ristoratore di San Giovanni Gemini acquista caciocavallo stagionato da un caseificio locale, non sta solo comprando una materia prima eccellente. Sta rafforzando la tenuta economica del territorio, riducendo l’impatto ambientale, offrendo al cliente un piatto vero, che racconta qualcosa. È una filiera di fiducia, non solo di produzione.

Questa logica si estende anche ad altri settori: panifici che usano grani locali, ortolani che vendono in piazza ciò che raccolgono all’alba, pasticcerie che trasformano mandorle e miele del territorio, piccoli laboratori che conservano, stagionano, impastano. Una rete diffusa, resistente, essenziale.

Il paradosso è che ciò che altrove si chiama "innovazione rurale" qui non è mai stato interrotto. Non c'è bisogno di "ritornare" alla filiera corta, perché qui non se n’è mai andati. I Mangiapane, i produttori di tumminia, gli olivicoltori, gli allevatori: tutti sono la prova vivente che è possibile fare agricoltura e trasformazione di qualità senza mediazioni, con risultati premiati non solo dai riconoscimenti ufficiali, ma dalla fiducia delle persone.

Il futuro di territori come Cammarata e San Giovanni Gemini non può basarsi su modelli industriali o turistici aggressivi. Il futuro è la forza silenziosa della prossimità, della trasparenza, del contatto diretto tra chi produce e chi consuma. E il valore vero delle filiere corte è proprio questo: rendere l’economia locale non solo sostenibile, ma anche umana, vera, vivibile.


Sostenibilità vera: il futuro è nella terra, non nelle scorciatoie

A Cammarata e San Giovanni Gemini la parola "sostenibilità" non è una moda, né un'etichetta da applicare ai prodotti per vendere di più. È, piuttosto, una condizione necessaria per esistere, per continuare a vivere e lavorare in un territorio che richiede rispetto, attenzione e consapevolezza.

Chi lavora in agricoltura o nella trasformazione alimentare in quest’area sa bene che non esiste alternativa al buon senso. Il clima cambia, le risorse naturali si riducono, i giovani emigrano. Eppure, c’è chi resiste, chi sceglie di restare o tornare, chi decide di investire non nei numeri, ma nella qualità della vita e del lavoro.

Uno dei segnali più positivi degli ultimi anni è l’aumento di giovani imprenditori agricoli che stanno riportando in vita poderi abbandonati, vecchie masserie, terreni lasciati incolti. Alcuni lo fanno dopo studi universitari, altri dopo esperienze all’estero, ma tutti condividono la stessa convinzione: il futuro, se ben gestito, è ancora nella terra.

Molte delle nuove aziende nate tra Cammarata e San Giovanni Gemini sono biologiche, rigenerative o a basso impatto, non perché lo imponga un regolamento europeo, ma perché è l’unico modo possibile per far durare il territorio. Chi vive la montagna lo sa: il terreno si rovina in fretta se viene sfruttato male, l’acqua si disperde, la biodiversità si perde. La sostenibilità qui è un patto con la natura, non una strategia di marketing.

Il caseificio Mangiapane è un esempio perfetto di questa coerenza. Non solo per l’uso del latte crudo, per la scelta della razza Modicana o per il rifiuto dei fermenti industriali. Ma perché l’intero processo produttivo è compatibile con il territorio: gli animali vivono nei pascoli, la trasformazione avviene in loco, la vendita è diretta, i tempi sono quelli giusti. Ogni scelta è pensata per non snaturare l’ambiente, non sprecarlo, non sovraccaricarlo.


Lo stesso vale per chi coltiva grani antichi senza pesticidi, chi alleva api nei boschi, chi raccoglie erbe spontanee per trasformarle in liquori, creme, oli. Tutte queste attività fanno parte di un sistema rurale resiliente, che resiste perché è diversificato, intelligente, intergenerazionale.

E poi ci sono i cambiamenti climatici, ormai evidenti anche qui. Le estati sono più lunghe e secche, gli inverni meno piovosi, le escursioni termiche più marcate. Questo impone un adattamento continuo: nella scelta delle sementi, nel modo di gestire il pascolo, nella conservazione dell’acqua, nella rotazione delle colture. Serve competenza, visione e, soprattutto, una conoscenza profonda del territorio.

Il futuro del territorio passa anche dalla capacità di fare rete. Nessuno può farcela da solo. Le esperienze che stanno funzionando meglio sono quelle in cui agricoltori, allevatori, trasformatori, ristoratori e operatori turistici lavorano insieme, condividono spazi, comunicazione, promozione. È questa l’altra faccia della sostenibilità: una comunità che collabora, che si supporta, che crede in un obiettivo comune.


Non meno importante, infine, è il rapporto con le nuove tecnologie. Non si tratta di digitalizzare la campagna, ma di usare gli strumenti in modo intelligente: per raccontare la propria storia, per raggiungere clienti lontani, per formarsi, per vendere direttamente senza intermediari. La sostenibilità, oggi, è anche sapere comunicare il proprio valore senza svendersi.

A Cammarata e San Giovanni Gemini c’è una generazione nuova che sta prendendo parola. Non grida, non fa rumore, ma lavora bene. Coltiva, alleva, accoglie, conserva, sperimenta. E dimostra che la ruralità non è arretratezza, ma una forma moderna di resistenza e visione. Una scelta forte, dignitosa, capace di futuro.


ree

Una montagna di eccellenze, una terra che esiste e risplende

Il Caciocavallo Stagionato di Liborio Mangiapane non ha vinto un premio per caso. Non è stato scelto per una trovata di marketing o per una bella confezione. È stato premiato perché racchiude dentro la sua crosta tutto ciò che questo territorio è: duro e generoso, silenzioso e profondo, resistente e autentico.

Ogni forma di formaggio che esce da quel caseificio non è un prodotto, è una narrazione concreta: dei pascoli d’altura, del vento dei Sicani, del latte delle Modicane, delle mani che lavorano, degli inverni lenti, delle estati asciutte, dei saperi che non si sono persi. Racconta Cammarata. Racconta San Giovanni Gemini. Racconta una Sicilia interna e ancora integra, che non cerca visibilità ma coerenza.

Abbiamo parlato di una famiglia che lavora bene. Di un formaggio che ha superato oltre mille concorrenti. Ma in realtà abbiamo raccontato un territorio intero, che tiene insieme agricoltura, cultura, religione, identità, gastronomia, ospitalità e innovazione senza perdere il suo centro. Un territorio che non ha bisogno di essere trasformato, ma solo riconosciuto.


La vera forza di Cammarata e San Giovanni Gemini sta nel non aver ceduto all’omologazione. Qui il turismo non è invasivo, l’agricoltura non è industriale, il paesaggio non è artefatto. È tutto vero. È tutto lì. È tutto possibile. Serve solo avere occhi per vedere, rispetto per ascoltare, volontà per restare.

Una Montagna di Eccellenze non è solo il nome di un progetto. È una definizione esatta, un manifesto concreto, un invito a guardare con attenzione ciò che troppo spesso resta ai margini.


E allora sì, festeggiamo la vittoria del Caciocavallo. Ma soprattutto, celebriamo un modello di vita. Fatto di lavoro vero, di terra, di silenzi, di sapori forti, di comunità solide, di giovani che tornano, di mani che impastano, mungono, stagionano, curano.

Non è solo un formaggio. È una scelta di civiltà.



ree

ree


2 commenti

Valutazione 0 stelle su 5.
Non ci sono ancora valutazioni

Aggiungi una valutazione
Ospite
14 nov
Valutazione 5 stelle su 5.

Grazie a voi per la divulgazione

Mi piace

Ospite
10 nov
Valutazione 5 stelle su 5.

Sempre eccellenze a Cammarata e San Giovanni Gemini

Mi piace

Il post di oggi

Torna  indietro

Vai al Forum

bottom of page